Dentro il Fatto

Home » 2012 » ottobre

Monthly Archives: ottobre 2012

Periodico Italiano mag – Novembre 2012

http://www.periodicodaily.com/2012/10/29/il-numero-di-periodicomag-di-novembre/

Finalmente è pronto e lo condividiamo con voi. Il nuovo numero di PeriodicoItalianoMAG ha qualche pagina in più del numero zero e tante nuove sezioni. Cucina, moda, viaggi, sport. Non mancano come sempre le interviste a personaggi del mondo dello spettacolo, in questo numero Grazia di Michele con il suo nuovo album e un’analisi sul fenomeno Minetti di Giovanni Mercadante.

E ancora, le interviste esclusive come quella a Mario Michelangeli realizzata daSimona Zecchi sul sistema Lazio e quella a Felix Baumgartner che si è lanciato nel vuoto da 38 km di altezza realizzata da Sofia Riccaboni. E poi ancora un approfondimento sul DDL Sviluppo di Andrea Riccio. Per la pagina di cronaca la ricostruzione sul “disastro” Concordia del 13 gennaio di Martina Di Matteo, che chissà… potrebbe aprire a una futura inchiesta tutta interna al giornale..  e uno sulla festa di Halloween correlato da ricette di Marina Melchionda. Per la cultura bellissima intervista a Marcello Simoni realizzata da Michela Zanarella e la classifica dei libri consigliati dalla redazione cultura. E se volete conoscere qualcosa di nuovo su Roma, un bellissimo articolo di Giuseppe Lorin sul quartiere Monteverde.

Anche le rubriche molto diverse tra loro e ricche di contenuti si leggono come pezzi di attualità  e danno spazio a riflessioni (come il ricordo di Piero Rossi – itAlien Immigrato in Italia – che ha riproposto un suo ricordo di Marco Simoncelli, morto lo scorso anno in un incidente) o l’analisi di Daniele Damele sull’uso di Internet in Italia e nella nostra società.  la chiusura dei ristoranti in Italia che effetti provoca? Sempre il nostro Piero Rossi  ce ne parla analizzandola come tra gli effetti più evidenti della crisi che ha morso più del gelo in inverno.
Potete scaricarlo qui

Un numero tutto da leggere, insomma, GRATIS dal vostro pc, iphone, ipad o qualsiasi altro mezzo vogliate usare.

Intervista al Senatore Luigi Li Gotti sul DDL AntiCorruzione

di Simona Zecchi TW@SimoZecchi

articolo pubblicato su Periodico Italiano link originale il 26/10/12

Il Decreto Anti Corruzione impazza nel limbo parlamentare dal lontano 2010, quando l’allora Guardasigilli Angelino Alfano si era fatto portatore, come un moderno Don Chisciotte, di un’ “operazione pulizia” interna e preventiva. Poi è arrivato il governo tecnico a guida Monti ma il DDL è ancora fermo lì, quasi immobile in balia di eventi vari, come richieste di promesse in cambio di… oppure emendamenti, i quali se da una parte tendono a modificarlo per perfezionarlo, come si intende generalmente, dall’altra a seconda della motivazione restano però paletti di legno senza soluzione.

Abbiamo chiesto a Luigi Li Gotti (IDV), membro della Commissione Antimafia e della Commissione Giustizia al Senato, a che punto è la discussione e soprattutto che senso ha avere un decreto in pancia così importante senza farlo andare a segno in modo concreto. Dopo l’ultimo “Rapporto sulla corruzione in Italia” presentato a Palazzo Chigi proprio questo mese, infatti, emerge oltre al dato impressionante espresso in cifre (più di 60 miliardi di euro l’equivalente del costo della corruzione in Italia) come anche il fenomeno abbia “fatto aumentare i costi delle grandi opere intorno al 40%”. Difficile non sentire l’impellenza dell’attuazione di questo decreto e del suo passaggio in legge, dunque.

Dopo gli ultimi scandali che hanno coinvolto la giunta Polverini nel Lazio, tra cui anche il consigliere Vincenzo Maruccio (ex coordinatore ed ex capogruppo in quota IDV nel Lazio accusato di aver sottratto al partito circa 780mila euro) e dopo anche il caso di Francesco Pettinato, sindaco di un piccolo comune messinese, in corsa per le regionali siciliane (ora ritiratosi dalla campagna elettorale perché, secondo un’inchiesta de “Il Fatto Quotidiano” uscita il 14 ottobre, sarebbe finito di recente sul registro degli indagati a causa di una presunta infiltrazione della mafia in un appalto per la costruzione di pale eoliche nel comune da lui amministrato – (Fondachelli) sembra non si possa più aspettare che intervenga un altro evento al limite del parossismo.

Su Pettinato non pesa alcuna condanna (va detto) e, come da lui stesso comunicato, è stato “diffidato dai vertici del partito”. Tuttavia il problema rimane all’interno dell’IDV, forse più che in ogni altro partito, visto che è quello che solitamente conduce le battaglie sulla legalità e la giustizia fuori e dentro il Parlamento. Rimane, ma è latente già da un pò: poiché casi del genere sono scoppiati anche prima di Maruccio e Pettinato. Il Senatore ci ha risposto anche su questo.

Il DDL è fermo dal 2010 in balia di correnti e cambi di governo. Intanto qual era il disegno originale?

L.L.G.: “Il disegno di legge anticorruzione, sarà lunedì 29 all’esame della Camera, dopo il voto del Senato. Originariamente, la proposta del Governo, era molto striminzita. Poi, utilizzando il disegno di legge 850, a mia prima firma, presentato nel giugno del 2008, si è arricchito con modifiche al codice penale.”

Cos’ha dato l’input all’allora Ministro della Giustizia Alfano a proporre il DDL?

L.L.G.: “La proposta del Governo, nel 2010, nasce per raccordarsi con altri disegni di legge, di iniziativa parlamentare, già all’esame nelle commissioni, dal 2008. Poi, il continuo richiamo alla devastazione della corruzione, ha indotto il Governo, a non rimanere a guardare, facendo sua la proposta e ignorando quelle che già da due anni erano invece pendenti: insomma una proposat si è trasformata in una bandiera dell’anticorruzione.”

L’opposizione in genere e l’IDV in particolare come si è mossa?

L.L.G.: “Intanto il Governo Monti ha sin dall’inizio detto che la lotta alla corruzione era una assoluta priorità: molte parole. Basti pensare che, per ratificare la Convenzione di Strasburgo sulla corruzione del 1999, è stato necessario un mio disegno di legge (diventato legge il 28 giugno 2012). In genere le leggi di ratifica delle convenzioni, sono presentate dal Governo. In questo caso, no. Il Governo è rimasto a guardare, dopo parecchi tentativi (del governo Berlusconi), di rallentare l’iter.”

Il presupposto di incandidabilità dovrebbe riguardare solo i condannati o anche gli indagati secondo lei?

L.L.G.: “Penso che all’incandidabilità debbano applicarsi le stesse norme riguardanti l’accesso dei cittadini alla pubblica amministrazione, con concorso. Non capisco perché per rappresentare le istituzioni e fare i legislatori, le maglie debbano essere più larghe. Nel Parlamento si deve stare con i medesimi requisiti richiesti per i cittadini che facciano parte della pubblica amministrazione.”

Il caso Vincenzo Maruccio o Francesco Pettinato, all’interno dell’IDV, non porrebbe una nuova questione interna e anche appunto rispetto al DDL in particolare?

L.L.G.: “I casi di mala e approfittatrice politica, sono metastasi per il sistema. Anche l’IDV, con profonda amarezza, scopre d’essere stata attaccata dalle metastasi. Serve intervenire, senza riguardi per nessuno, chirurgicamente.”

Esiste però una discussione specifica, interna al partito una presa di coscienza? E se si cosa ne è stato dedotto?

L.L.G.: “Il partito discute delle metastasi. Oltre la discussione, c’è forte sofferenza. Noi facciamo politica, perché ci crediamo. E crediamo nella politica a servizio del paese e dei cittadini. Scoprire d’essere stati traditi da chi diceva le nostre stesse cose, brucia. Serve selezionare con rigore massimo e con tutti gli strumenti possibili. Nel dubbio, fuori. Questa la regola. Chi non rispetta le regole, non può contaminare, con la sua presenza, la dedizione di tantissimi militanti. Io sono personalmente adirato, dopo essere deluso, e pretenderò rigore. La politica è servizio non è approfittarsi.”

Intanto il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha approvato con 18 voti a favore il parere sul ddl anti-corruzione con un suggerimento: «È necessario introdurre una migliore e più allargata definizione del voto di scambio che rappresenta un vero e proprio caso di corruzione politico-mafiosa». «Occorre prevedere», continua nel testo, «il reato non solo per i casi di erogazione di denaro, ma anche in caso di altre utilità».

E’ un altro elemento che sposta sulla bilancia negativa del Paese tutto il peso della corruzione.

lla  bilancia negativa del Paese tutto il peso della corruzione.

Periodico Italiano Mag Numero 0 del 28/09/10

http://issuu.com/periodicoitaliano/docs/periodicomag_numero0_ottobre2012

Diversamente Stabili: il teatro dell’opposizione. Debutta la seconda edizione

articolo pubblicato il 14/10/12 su Periodico Italiano link originale

Ieri sera 13 ottobre presso il Teatro Abarico del quartiere San Lorenzo di Roma ha preso il via la stagione teatrale riferita alla seconda edizione del concorso “Diversamente stabili” che riempirà poi le serate della intera stagione 2012/2013.

Il concorso, per chi non ne conosce i dettagli,  stabiliva  la selezione di tre  corti teatrali della durata massima di 15-20 minuti  l’uno senza tema prefissato. In genere prevede anche un limite nell’uso dei personaggi: tre.
Per il debutto di ieri sera, i  corti scelti dai testi di tre autori  sono stati affidati a tre giovani registi e organizzatori dell’associazione “Gnut”: Lorenzo Ciambrelli, che ha diretto il corto “Fermo Napoli” (autrice Luigia Bencivenga), Giacomo Sette per il corto “Ma venga pure il mattino” (autrice Angela Villa)  e Tommaso Zaccheo con “Gangbank” (autore Rocco Manfredi).

Chi scrive è lieta di abbandonare il termine “sperimentale”, affibbiato ormai a ogni tipo di rappresentazione che contenga poca o scarsa  trama,  considerazioni e riflessioni di carattere universale e musica per “marionette”. Ne è lieta non per il genere in sé che dovrebbe essere sinonimo di avanguardia e unicità, ma per l’uso smodato che se ne fa  spesso dando allo stesso un valore pressoché vacuo.

Il termine sperimentale invece in questo caso specifico va abbandonato perché  ad esso va senza dubbio a sostituirsi con quello di “opposizione”. Il teatro di opposizione è quello che è andato in scena ieri sera all’Abarico perché prende il posto delle funzioni sociali e politiche che oggi mancano riuscendo anche a dare al pubblico la parte di intrattenimento e di leggerezza (nel senso calviniano della parola) che meritano gli spettatori dopo una settimana colma di incombenze, problemi, diritti e doveri.

I tre corti rappresentati ieri non possono valutarsi tutti allo stesso modo, ma tutti hanno testimoniato della varietà e della potenzialità che un simile approccio alla rappresentazione teatrale, tra avanguardia, critica sociale e politica  e interazione con il pubblico, contiene.

Fra i tre testi, meritevole di nota è sicuramente quello di Angela Villa “Ma venga pure il mattino” dove il mattino corrisponde alla speranza che una giovane madre testimone di giustizia (nonostante le privazioni che la sua scelta di aiutare lo Stato nella lotta alla criminalità ha determinato) nutre ancora verso il futuro. Molto sottile anche la scelta del regista Giacomo Sette di suddividere le diverse fasi dell’esperienza negli stati d’animo di quattro giovani donne, una delle quali interpretava la figlia. Un testo e una regia che, seppure declinato nell’approccio artistico, non hanno nulla a che invidiare a trattati di mafia e sintesi giuridiche.

L’interpretazione migliore, senza però  una forte base testuale a supportarla, è stata sicuramente quella degli attori di “Gangbank” diretto dal giovane Tommaso Zaccheo:  Giuseppe Rispoli (il mozzo), Nika Perrone (l’ammiraglio), Giuliano Leva (il generale).

Chi scrive conosce uno degli attori in scena  e quindi forse mi si potrebbe tacciare di parzialità, preferisco dunque dichiararlo. Posso solo dire che così non è per la  quasi totale  positiva corrispondenza di opinioni raccolte tra il pubblico, sia durante la rappresentazione che successivamente nei commenti. Le metafore riguardanti la crisi economica, l’alienazione sociale, l’aggressività cui questo tempo ci ha condotti pensando ognuno solo al proprio io a discapito degli altri (sublimata nella “morte” nel  corto), lungo il corso di un naufragio del luogo e dell’anima, sono riuscite a colpire credo tutti, grazie all’ottima e intensa  interpretazione degli attori. Soprattutto dell’attrice Nika Perrone (che non corrisponde alla personale conoscenza di cui parlavo), la quale ha saputo far dimenticare chi seguiva addirittura l’appartenenza a un genere, quello femminile. Infatti l’aggressività e l’input alla violenza anche psicologica appartiene a donne e uomini. Non c’è sesso debole.

L’ultimo corto che ha portato in scena un argomento sempre presente e forte come lo stupro, invece, non ha parimenti colpito né per il testo, che scarsamente emergeva, né tanto meno per l’interpretazione (certo nel limite contenuto in un’opinione) un pò monocorde e anche monotona senza vigore e senza marcata differenza fra vittima e carnefice. Forse l’intento del regista e dell’autrice era proprio questo ma la comprensione a chi scrive per definire questa ipotesi sfugge.

Un fatto è certo se per “abarico”, termine che ha dato il nome al Teatro di Via dei Sabelli, si vuole intendere assenza di pressione e di oppressione come l’etimologia della parola richiama (ossia ogni punto in cui la forza gravitazionale terrestre  e quella lunare si annullano a vicenda) il risultato con il via alla seconda edizione della stagione ispirata al concorso “Diversamente stabili”, è sicuramente centrato e carico di potenzialità artistiche e autoriali.

Le Pussy Riot verso la colonia penale

articolo pubblicato su Periodico Italiano il 22/10/12 link originale 

Le due Pussy Riot condannate a due anni di carcere per aver eseguito una preghiera punk anti Putin nella cattedrale di Mosca di “Cristo Salvatore”, Masha Alekhina e Nadia Tolokonnikova, sono state trasferite in due differenti colonie penali. Dopo la prima ufficiale divisione da Yekaterina Samutsevich (l’unica componente del gruppo punk scarcerata in appello), le tre rappresentanti simbolo del movimento musical-oppositore sono state nuovamente divise: un tentativo, forse, di spezzare la forza del movimento.

Masha è stata trasferita con un volo speciale alla colonia di Perm. Dal momento in cui scatta la dichiarazione del coniuge della Tolokonnikova, invece, Piotr Verzilov: “Nadia è stata deportata in Mordovia: l’inferno delle prigioni”, la notizia e l’indignazione si diffondono sui social network al ritmo di un tam tam continuo. Intanto la difesa di Masha e Nadia ha chiesto la sospensione della pena per Maria e Nadia fino a quando i loro due bambini non avranno 14 anni.

Il precedente della prigionia in colonia penale è da riscontrarsi nell’esperienza della 29enne Zara Murtazaliyeva che fu rinchiusa per 8 anni in Mordovia, parte orientale della Russia europea. La giovane donna cecena, in seguito a una controversa condanna per terrorismo, ha denunciato l’uso sistematico della violenza nelle carceri femminili russe.

La storia è alquanto complicata e poco chiara visto che i problemi di Zara sono cominciati nel 2003 quando dal suo arrivo in Russia dove era arrivata per lavorare e mantenere la sua famiglia in Cecenia ha incontrato un membro delle Forze Speciali contro la Criminalità organizzata, struttura del “Municipio degli Affari Interni” di Mosca (l’equivalente del Ministero degli Interni italiano) Said Ahmaev.

La conferma ufficiale delle informazioni sul trasferimento delle due Pussy Riot è venuta dall’avvocato delle condannate Mark Feigin.

Gheddafi, il violentatore: l’intervista all’autrice dell’inchiesta su Venerdì di Rep

“Les Proies. Dans le Harem de Kadhafi” – Le prede. Nell’harem di Gheddafi (Editions Grasset – Francia) di Annick Cojean reporter di “Le Monde”. La cronista che raccontò la caduta del dittatore si è occupata di un aspetto tra i più contestati della fama dell’ex dittatore libico, la sua prurigine sessuale,  e lo ha fatto – racconta Valérie Trierweiler (la première dame francese) su Venerdì di Repubblica di ieri 12 ottobre .

L’intervista è interessante perché rivela i tratti più salienti dell’inchiesta svolta dalla reporter francese ossia le persecuzioni sessuali cui erano sottoposte le “vittime” di Gheddafi e soprattutto la partecipazione ai festini, da lui indetti,  di militari e politici stranieri in visita in Libia.

Il dialogo fra la corrispondente di “Paris Match” (compagna di François Hollande e première dame della Francia)  e la giornalista Cojean  è anche un dialogo fra donne la cui intensità nell’affrontare un discorso così delicato, e allo stesso tempo prorompente, come quello dello stupro e della condizione della donna in particolare in Libia (ma che è tema che attraversa tutte le frontiere occidentali e orientali) rende i contenuti di straordinaria importanza sotto molti aspetti.

L’autrice dell’inchiesta risponde in primis sull’ approccio utilizzato nello svolgimento del lavoro di approfondimento e ricerca delle fonti, e sulla difficoltà anche di affidarsi alle voci (in quel caso vittime) ma che comunque avrebbero potuto avere diversi motivi per rivelare o anche inventarsi aneddoti e violenze, perché molte di loro sono state allontanate successivamente da Gheddafi.

“Lo stupro – dice la Cojean – era un’arma di guerra” in Libia a cominciare da quelle donne che supportavano in mille modi chi aveva deciso di combattere contro il regime in buona fede o no: “distribuivano volantini, curavano i feriti” e se venivano arrestate – appunto -”le stupravano”.

Parte da queste testimonianze e scopre il metodo Gheddafi: i suoi procacciatori andavano a prendere ragazze di 13-14 anni nelle scuole – racconta Annick Cojean – a volte anche ragazzi. (…) “Bastava che posasse la mano sulla testa di una ragazzina o un ragazzino per designare la sua preda (…)”

E poi la parte che davvero definisce il ruolo delle potenze occidentali fino a poco prima che gli Stati Uniti con le forze alleate decidessero di intervenire in Libia perché la situazione  era irrimediabilmente degenerata.

“I diplomatici occidentali sapevano. E molti leader hanno incrociato Mabruka, la sua procacciatrice di ragazze, nei vertici. Mabruka veniva a reclutare ragazze anche a Parigi. (…) In Francia si sapevano parecchie cose, ma non si immaginava che fosse anche violento, sadico, e che tenesse delle ragazze imprigionate nei sotterranei dei suoi palazzi (…)”

Come se questi altri raccapriccianti particolari figli di una violenza resa più forte perché proveniente dal potere, dovessero ulteriormente servire a far comprendere ai “diplomatici” e ai governi alleati del petrolio libico compreso quello italiano di cosa era capace Gheddafi.

SarkozyBerlusconi (Prodi prima di lui), MerkelZapatero… e ancora Canada, Danimarca, Norvegia, Belgio, la Grecia  e gli stessi Stati Uniti  sono stati complici di queste violenze sapendo attraverso i loro diplomatici delle ambasciate, e non denunciando? E’ una domanda che probabilmente rimarrà senza risposta perché, ancora probabilmente, la contiene già.

pubblicato su Periodico daily il 13/10/12

Pietro Ribisi, il boss condannato per l’omicidio del giudice Saetta si uccide

di Simona Zecchi TW @SimoZecchi

Il boss  Pietro Ribisi, 61 anni, di Palma di Montechiaro nell’agrigentino, condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano, si è suicidato nel carcere di Carinola, in provincia di Caserta.

Il suicidio di Ribisi è in realtà avvenuto giovedì scorso ma lo si apprende dalle agenzie soltanto oggi. I funerali si svolgeranno domani a Palma di Montechiaro

Un omicidio quello del giudice Saetta, e di suo figlio, che come tante storie italiane legate alla mafia ha ancora dei risvolti poco chiari. Il procuratore generale di Caltanissetta,Roberto Scarpinato,  aveva già chiesto,  nel corso di un convegno in tribunale, di fare luce sui «responsabili morali» dell’omicidio e così andare oltre la sentenza giudiziaria. E non solo di quello del giudice Saetta ma anche dell’omicidio di Rosatrio Livatino ucciso nel 1990. Il giudice Paolo Borsellino, intervistato all’uscita del funerale al tempo, aveva dichiarato “I giudici continueranno a sovraesporsi e i politici ad andare ai funerali”.

Parole forti allora lanciate anche come accuse contro una situazione insostenibile per i magistrati che toccavano settori e livelli “altri”. La storia si ripete oggi: sono solo cambiate le modalità. I funerali, se vogliamo, sono diminuiti  forse come prezzo di una pax mafiosa che però produce altre ingiustizie.

Nell’incontro organizzato dal Centro di formazione permanente della Corte d’appello nissena, Scarpinato ha ricordato inoltre che «non sarebbe fare loro (ai giudici Saetta e Livatino, ndr) giustizia, se dovessimo fermarci solo alla sintesi processuale delle sentenze in cui sono indicati gli esecutori materiali e i mandanti mafiosi».

Per Scarpinato, infatti, «gli omicidi hanno visto un coinvolgimento più ampio», anche all’interno delle istituzioni e della magistratura. Saetta, insieme al figlio Stefano, è stato ucciso il 25 settembre 1988; Livatino il 21 settembre 1990.

Un problema con le parole. La condanna delle librerie (cristiane americane)

di Simona Zecchi TW @SimoZecchi

(Foto in prima di Spencer Platt/Getty Images)

Lo “Slate” è, sin dall’anno della sua nascita in terra nord americana, (1996) una rivista che inizialmente voleva essere solo un contenitore di approfondimenti (un pò come Il Post di Luca Sofri da noi), poi gradualmente il suo stile si è sempre più declinato nella forma giornalistica, non lesinando comunque formati di articoli lunghi. Lo Slate, insomma, è una delle testimonianze di come il giornalismo e le sue forme stiano vieppiù modificandosi col tempo.

E proprio sullo Slate mi è capitato di trovare una notizia interessante (nonostante sia un prolungamento del “Washington Post” considerato generalmente un quotidiano conservatore), sullo scandalo che ha suscitato nel mondo editorial-commerciale religioso il “ritrovamento” della parola vagina sulle pagine di un libro.

La scrittirce Rachel Held Evans, di estrazione evangelica, autrice del libro ” A Year of Biblical Womanhood” rifiutandosi di sottostare alla censura di quell’unica parola si è vista rifiutarne la presenza, e quindi la vendita, in una delle più grandi catene librarie cristiane la LifeWay.

Negli Stati Uniti le varie ramificazioni della religione Cristiana hanno una presenza significativa e un peso diversi rispetto a ciò che intendiamo noi in Italia con “osservanza religiosa” (seppure qui maggiormente declinata in quella cattolica più presente, e anche più imposta, tra i culti della penisola) soprattutto nel Sud degli USA. Spesso dunque i punti di vista su dogmi e comportamenti “da seguire” differiscono e si scontrano parecchio.

La Evans aveva inizialmente denunciato la richiesta dell’editore sul suo blog a marzo di quest’anno, ammettendo allo stesso tempo di aver accettato il compromesso, visto che perdere presenza e guadagno di una delle maggiori catene librarie americane presente con 160 punti vendita in circa 26 stati, ossia il 40% delle vendite in meno, non sarebbe stata una decisione saggia per un’autrice.

I blog, si sa, fanno spesso più notizia e rumore delle notizie mainstream e quindi non è difficile immaginare la reazione dei fan, o dei lettori in quanto tali, i quali hanno cominciato una petizione on line direttamente su Amazon (l’editore più forte che ha sbaragliato nel bene e nel male molte librerie in tutto il mondo). La petizione dal nome esplicito “Inserite la parola vagina nel libro di Rachel” ha fatto da effetto domino su simili reazioni interne alla categoria degli autori di estrazione cristiana, i quali hanno cominciato a denunciare pari atti di censura anche nei loro riguardi. Insomma il “vaginagate” ha preso piede ormai.

Questo forte supporto alla causa ha fatto cambiare idea all’autrice che ha poi deciso di non togliere più la parola incriminata dal libro accettandone dunque le conseguenze. Ma almeno la donna “su cui volgere l’attenzione” insieme alle altre 50 donne americane (secondo Christianity Today) ha ora tra gli 80 e i 100 mila visitatori al mese sul suo blog: potenziali o effettivi lettori del suo libro comunque.

In realtà – scrive “Slate” – la parola da inquisizione compare due volte due nel libro: una come riferimento anatomico per una donna stuprata in Congo; l’altra invece compare in un passaggio pronunciato da una 16enne che durante un convegno religioso, dove si affermava l’importanza dell’astinenza sessuale, afferma “lo prometto davanti a Dio e alla mia vagina” .

La Evans pare abbia nicchiato:” Non so se è più il mio cervello ad aver suscitato delle offese o la mia vagina…” l’unica cosa certa è che il mio editore mi ha espressamente detto che se mi ostinavo a lasciare quella parola le possibilità che LifeWay portasse avanti la pubblicazione del libro non sarebbero state molte…”

Se Rachel H. Evans si considera una fervente evangelica con un cervello (e una vagina) non si può confutare tuttavia è innegabile la sua grande capacità come sponsorizzatrice di se stessa: censura o no, infatti, il suo libro ha fatto il giro del web e del mondo.

Articolo Pubblicato su Periodico Daily.com il 16/10/12

Morire raccontando: dalla Siria al Messico passando per l’Italia

Articolo Pubblicato da Periodico italiano Mag il 28/09/12

di Simona Zecchi

«I corrispondenti costituiscono una categoria di giornalisti molto particolare. Vivono in condizioni estremamente precarie, non solo perché rischiano di venir feriti o uccisi. Chi va in certi posti non può essere motivato solo dal dovere professionale. Spesso non si trova acqua, i trasporti sono problematici, bisogna sopportare freddo, umiliazioni, percosse, arresti. Tra i miei colleghi non ho mai incontrato avventurieri ma solo persone che cercavano semplicemente di agire per il meglio e di fare il loro dovere». (R. Kapuscinski, ‘Lapidarium’).

(altro…)

Intervista al Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: Arrivederci Italia

 

di Simona Zecchi su Periodico Italiano del 28/09/12

La missione in Guatemala: un progetto di più ampio respiro, quello di creare una sovrastruttura globale Antimafia che sia di coordinamento a piccole procure mondiali sull’antico modello del Pool di Palermo, creato da Giovanni Falcone, e la volontà di lasciar lavorare l’ufficio della Procura con più serenità, tra i motivi che l’hanno spinto ad accettare l’incarico temporaneo. Non è escluso, se necessario, e data la natura dell’incarico, un ritorno in forza alla magistratura.

(altro…)